Si è svolto ieri l’incontro organizzato da 4.Manager, dal titolo “Politiche di genere per imprese e manager. Azioni, strumenti e nuovi equilibri”, promosso per esaminare gli impatti positivi che un effettivo avanzamento della parità di genere può generare nell’ottica di una crescita complessiva delle imprese, anche in termini di competitività.
Il principio di pari opportunità, previsto dall’art. 51 della Costituzione e dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è una condizione essenziale per sviluppare un’economia innovativa, equa e competitiva a livello nazionale ed europeo. La promozione della parità tra donna e uomo in ogni ambito della vita privata e pubblica consente anche alle imprese di crescere, di aumentare la loro competitività e di creare ricchezza in termini economici. Si tratta di una tematica che, se sviluppata in maniera equilibrata, interseca vari settori e interessa l’intera compagine sociale e aziendale a partire dai suoi vertici. Il momento di confronto, che ha visto tra i protagonisti la Ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, ha analizzato gli sviluppi del recente quadro normativo considerando l’impatto che esso avrà sui manager e sulle imprese con un focus su: certificazione di parità di genere, effetti legati al PNRR e strategia europea per la parità di genere. Sono stati inoltre presentati gli ultimi dati raccolti dall’Osservatorio 4.Manager su un campione di oltre 6.000 imprese che evidenziano ancora le criticità del cd “gender gap”, ulteriormente aggravate dalla pandemia.
“Tra le tante emergenze che siamo chiamati ad affrontare si rischia di trascurare l’importanza di adottare strategie di sviluppo sostenibile che hanno nell’equilibrio di genere un importante fattore di crescita per le imprese” ha sottolineato nel suo intervento Stefano Cuzzilla, Presidente di 4.Manager e di Federmanager “Le aziende con governance con presenza di manager donne reagiscono meglio alle crisi e sono più produttive. In Italia però le donne manager sono ancora troppo poche e la pandemia ha aggravato la situazione, rendendo più difficile le condizioni di lavoro e la conciliazione con i carichi familiari.
Il superamento del gap di genere nel mondo del lavoro è parte del quinto “goal” dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu. Un obiettivo che non solo risponde a un diritto umano fondamentale ma che è anche sostenuto dalla consapevolezza che l’empowerment di donne e ragazze aiuta la crescita economica e lo sviluppo. Ciò comporta non solo l’accesso al mondo del lavoro ma oggi, soprattutto, l’effettiva partecipazione femminile a ruoli di leadership a ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica.
L’uguaglianza, la promozione e la protezione della diversità sono caratteristiche di organizzazioni moderne ed efficienti. Sempre più spesso, fortunatamente, si comincia a parlare di inclusione nel mondo del lavoro non solo come “dovere etico-morale”, ma anche come “leva di business”. Il protagonismo delle donne può costruire nuove prospettive di rilancio per le imprese e per il sistema produttivo. L’entrata in vigore della nuova legge sulla parità retributiva uomo-donna, che ha istituito dal 1° gennaio la “certificazione della parità di genere” per le aziende e lo sgravio contributivo per chi ne è in possesso, è stato sicuramente un passo importante. Si tratta di misure concrete, in grado di innescare meccanismi di cambiamento interno che sono quanto mai urgenti e necessari. Perché ancora la strada da fare è piuttosto lunga.
Secondo i dati dell’Osservatorio mercato del lavoro e competenze manageriali di 4.Manager, l’equilibrio di genere potrebbe fare crescere il Pil fino all’ 11%. Inoltre, l’apporto di una donna manager migliora l’immagine e la reputazione dell’azienda, migliora la gestione delle risorse umane e il clima aziendale, migliora la produttività e l’efficienza nel raggiungimento degli obiettivi. Di fatto, le donne hanno le soft skills nel loro dna. Oggi le strategie, le azioni e gli strumenti da mettere in campo devono includere una nuova cultura d’impresa, capace di valorizzare la leadership al femminile, senza la quale non è possibile realizzare un rilancio sostenibile, innovativo e competitivo del sistema paese.
Ad oggi in Italia le posizioni manageriali femminili sono solo il 28% del totale (fonte Inps).